da Venere a Keely
Shakespeare/Venere e Adone
uno spettacolo di Valter Malostidal 12 al 15 novembre
_ ore 21 _ Teatro Astra,
via Rosolino Pilo 6
Keely and DU
uno spettacolo di Beppe Rosso
dal 13 al 16 novembre
_ ore 21 _
Teatro Vittoria,
via Gramsci 4
Corpi in Rivolta è un progetto che propone due spettacoli che hanno in comune il tema del corpo, visto in chiave estrema e trasfigurato dalla poesia della scena. Corpi desideranti, corpi che muoiono, corpi che nascono su un orizzonte di violenza provocata o subita in nome dell’amore. Due visioni diverse, una che ci fa confrontare con la complessità di un classico universale come Shakespeare, l’altra immersa nella contemporaneità con il testo dell’americana Jane Martin. Visioni complementari che infrangono luoghi comuni e permettono di gettare uno sguardo sui lati più oscuri normalmente rimossi. Due spettacoli che non negano una forte dimensione emotiva, anzi la inseguono, e che offrono la possibilità insieme di riflettere e di sorridere.Dopo il successo ottenuto nella scorsa stagione, le compagnie ACTI Teatri Indipendenti e il Teatro di Dioniso offrono i loro spettacoli, entrambi coprodotti con la Fondazione Teatro Stabile di Torino, in un'unica proposta al pubblico in questo inizio stagione prima di affrontare le rispettive tournée, che porteranno le due produzioni torinesi nei maggiori teatri italiani. Particolare attenzione viene riservata alla politica dei prezzi offrendo la possibilità, a chi intende assistere a entrambi gli spettacoli, di usufruire del biglietto ridotto anziché intero.
Biglietti:
Intero 10,00_Ridotto 8,00
Biglietteria TST: Salone delle Guardie
Via Verdi 9 - da martedì a sabato, dalle 12.00 alle 19.00
per informazioni numero verde 800 235 333
SHAKESPEARE / VENERE E ADONE
uno spettacolo di Valter Malosti
in scena Valter Malosti e Daniele Trastu
coreografie Michela Lucenti, suono GUP Alcaro, scene Paolo Baroni, luci Francesco Dell'Elba, costumi Marzia Paparini, macchinista Matteo Lainati, traduzione e ricerca musicale Valter MalostiTeatro di Dioniso - Fondazione Teatro Stabile di TorinoResidenza Multidisciplinare Di Asti e con il sostegno del Sistema Teatro Torino
Immaginatevi dei binari che si perdono all’orizzonte, e un teatro/carro che arriva dinanzi ai vostri occhi da un altro luogo (e forse anche da un altro tempo) con sopra la “pazza dea dell’amore”. Venere è una dea/macchina, dea ex machina ma anche sex machine, macchina barocca che tritura suoni e sputa parole. Una macchina di baci, una macchina schizofrenica di travestimento, una macchina di morte per l’oggetto del suo amore: Adone. E proprio da un improbabile pas de deux tra Venere e Adone prende spunto la partitura fisica dello spettacolo. Adone ricorda il giovane dei Sonetti - il che implica, naturalmente, che Venere ricordi Shakespeare. Shakespeare scrive su commissione, durante la peste del 1593, per il suo giovanissimo patrono, l’efebico diciannovenne Henry Wriothesley conte di Southampton, di cui è stato ritrovato, un paio di anni fa, un ritratto in abiti femminili. Qui si spalancano altre porte, e il gioco delle identità ci fa entrare in una sorta di labirinto di specchi, una progressiva promiscuità delle identità, in cui la dea/macchina/attore sarà anche Narratore e voce di Adone, e al fondo dell’artificio potrà svelare e denudare la propria umanità. Al di là del gioco degli specchi, del travestimento, dell’amaro umorismo, il poemetto è un vertiginoso punto di partenza per una ricerca sulle variazioni, le declinazioni e le auto-contraddizioni del tema “amore”.Ma Venere e Adone è anche una sorta di operina musicale grazie al montaggio fonico, che attinge alle fonti acustiche più disparate, suoni della quotidianità sovrapposti con frequenze elettroniche e distorsioni, filtrando il tutto con musica elisabettiana e contemporanea. Musica come camera d’eco dei personaggi, come cartina di tornasole del loro spirito, musica che penetra dentro il testo, talvolta lo accarezza, più spesso entra in conflitto con esso per far schizzare scintille che ustionano ma anche illuminano.
KEELY and DU
di Jane Martin traduzione Filippo Taricco
regia Beppe Rosso
con Barbara Valmorin, Beppe Rosso, Federica Bern, Alessandro Lombardo e Francesco Minascenografia Paolo Baroni luci Cristian Zucaro tecnico Davide RigodanzaFondazione Teatro Stabile di Torino - ACTI Teatri Indipendenti con il sostegno del Sistema Teatro Torino
Keely and Du, ultimo lavoro di Beppe Rosso, è una commedia scritta da Jane Martin, drammaturga americana che con questo testo è stata candidata al Premio Pulitzer e ha vinto il Premio Nazionale della Critica negli Stati Uniti. La Commedia, per la prima volta rappresentata in Italia, affronta il problema etico dell’aborto, sollevato con veemenza nell’attuale dibattito sociale e culturale, per far scaturire da esso il conflitto fondamentale del tempo presente: quello tra fede e libertà, sul precario confine tra pensiero laico e religioso. Una giovane donna incinta in cerca di aborto è rapita e sequestrata, i misteriosi carcerieri gentili e a volte impacciati, non sono terroristi. Sono un prete e una sua aiutante, membri di un’organizzazione per la difesa della vita che intendono accudire amorevolmente la donna per tutta la gravidanza e provvedere alle spese per la crescita del figlio. Nonostante la situazione estrema, in cui è immersa, la commedia è venata di ironia e l’andamento ritmico è scandito dal count-down della vita che cresce in grembo a Keely, il cui esito sarà sospeso fino all’ultima scena. Il testo fa emergere nell’immagine della ragazza incatenata al letto, sotto gli occhi del sacerdote, l’assurdo paradosso che trasforma l’amore in violenza, la carità in sopruso. Sullo sfondo il dibattito sui confini del libero arbitrio e il tema della famiglia, agognata e messa in discussione anche attraverso il personaggio del marito richiamato sulla scena dal sacerdote. Ma Keely and Du non si limita a raccontare uno scontro. È l’amicizia che nasce tra le due donne ad elevare il dramma dalla sfera ideologica a quella più profondamente umana. Tra gli interpreti spicca la presenza di Barbara Valmorin, attrice che tanto ha dato al teatro e al cinema italiani, e che restituisce al personaggio dell’anziana carceriera un’umanità e una saggezza femminile quasi ancestrale velata di ironia, nonostante le costrizioni del pensiero religioso. La regia e la scenografia assolutamente essenziali tendono a evidenziare l’atmosfera claustrofobia e paradossale in cui è immersa l’azione. Un tratteggio scabro quasi ieratico, con movimenti scenici che rendono lo spazio via via più angusto e contemporaneamente deflagrante di passioni e conflitti. La scrittura di Jane Martin, caratterizzata da un’estrema leggerezza pur affrontando un tema così denso e tragico, riesce a mantenere gli andamenti e l’ironia della commedia facendo emergere le contraddizioni di cui sono vittime i quattro protagonisti. E ciò che domina la pièce è il dubbio morale, il sospetto che forse ci potrebbe essere della verità anche nelle reciproche tesi antagoniste.